Recupero carrelli abbandonati: alcune strategie per vendere di più

Per evitare di perdere un potenziale cliente, dobbiamo attivare strategie di recupero dei carrelli abbandonati

Ci aiuteranno a riportare il consumatore nella nostra azienda e a fargli concludere il processo di check-out. 

In questo modo, una potenziale perdita verrà convertita in una nuova vendita e, quindi, revenue per la nostra impresa.

Ma quali sono le tecniche più efficaci per invogliare il consumatore a concludere l’acquisto? In questo articolo le approfondiamo insieme. Al termine, sapremo come combattere questo fenomeno e, anzi, a renderlo un’ottima opportunità per l’acquisizione di nuovi clienti.

Contenuti in breve:

Perché gli utenti hanno abbandonato il carrello?

Ma quali sono le motivazioni che spingono un utente prossimo all’acquisto ad abbandonare il carrello? Secondo alcuni studi condotti dal Baymard Institute, azienda che compie ricerche su larga scala in merito alla User Experience di siti ed e-commerce, il tasso medio di abbandono del carrello è pari al 69,57%.

In alcuni casi, gli utenti compiono quest’azione perché non hanno ancora un’effettiva intenzione d’acquisto. Si tratta di una pratica usuale nei negozi online: al contrario di ciò che accade in uno store tradizionale, qui il consumatore non è fisicamente nella nostra attività e si sente “libero” di prendere e lasciare gli articoli quando lo desidera.

Ma non è l’unica motivazione.

La ricerca del Baymard Institute evidenzia come il tasso di abbandono dei carrelli aumenti di fronte a particolari condizioni scoraggianti per l’acquisto. Di seguito vengono elencate le principali, in ordine di frequenza:

  • Spese di spedizione troppo elevate (50%);
  • Registrazione obbligatoria per procedere all’acquisto (28%);
  • Processo di check-out lungo o complesso (21%);
  • Spedizioni troppo lente (18%);
  • Scarsa sicurezza nell’inserimento dei dati della carta di credito (17%);
  • Crash (13%);
  • Opzioni di pagamento insufficienti (6%).

Da questi dati emerge la necessità di agire sull’esperienza di navigazione dell’utente, rendendola fluida e trasparente: il consumatore deve trovare fin da subito tutte le informazioni di cui necessita per comprendere se vuole acquistare o meno nella nostra azienda (spedizioni, dati richiesti e via dicendo). Sarebbe inutile, infatti, agire con tecniche di recupero dei carrelli senza prima aver risolto le frizioni presenti all’interno del sito.

Prima ancora di approfondire le più efficaci tecniche di recupero dei carrelli abbandonati, vediamo quindi come rendere migliore l’esperienza dell’utente nel nostro negozio online.

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Alcune best practice per ottimizzare il sito

Hai constatato un incremento dei carrelli abbandonati all’interno del tuo e-commerce? Se ciò coincide anche con una elevata frequenza di rimbalzo (l’utente entra nel nostro sito ed esce immediatamente), è probabile che siano presenti alcune lacune relative alla User Experience. Risolverle significa dare la possibilità a un maggior numero di utenti di acquistare nella nostra azienda, evitando quindi che si dirigano dalla concorrenza.

Ecco alcuni consigli che ridurranno da subito il numero di carrelli abbandonati sul sito.

  • Niente costi extra e inaspettati. Molti utenti abbandonano il sito al momento dell’acquisto quando scoprono che le spese di spedizione non sono gratuite o sono eccessivamente elevate. Se non possiamo permetterci di abbassare questi costi o di garantire la gratuità oltre una certa soglia di spesa dell’utente, dobbiamo comunque renderli visibili fin da subito. Per citare un paio di esempi, nelle sue schede prodotto, Amazon presenta fin da subito non solo i costi, ma anche le tempistiche di spedizione.

Anche Mr Wonderful, negozio di cartoleria online, raccoglie nella scheda prodotto tutte le informazioni di cui l’utente potrebbe necessitare: i costi di spedizione, la possibilità di rimborso, la sicurezza nel pagamento e la consegna.

  • Acquisto come ospite. Chi decide di acquistare online generalmente lo fa per la comodità e per la velocità del processo. Obbligare l’utente alla registrazione in fase di check-out allunga i tempi e scoraggia l’acquisto: consentiamo quindi di comprare anche come ospiti, invitando gli utenti a registrarsi per tenere monitorato lo stato di avanzamento dell’ordine solo in un secondo momento.
  • Check-out veloce. Durante il processo di acquisto, è importante richiedere solamente i dati di cui davvero necessitiamo per inoltrare l’ordine: nome, cognome, indirizzo di spedizione. Chiedere troppe informazioni potrebbe spazientire l’utente, nonché renderlo diffidente.
  • Condizioni di reso vantaggiose. Acquistare online non è come acquistare in un negozio fisico: in quest’ultimo caso, è possibile provare seduta stante l’articolo restituirlo in modo facile e veloce. Per garantire un servizio di qualità all’utente, teniamo quindi conto dell’importanza del reso, rendendo questo processo gratuito e poco impegnativo.
  • Ottimizzazione del percorso di check-out da mobile. Sono ancora molti gli utenti che inseriscono i prodotti nel carrello da mobile e poi effettuano il pagamento da desktop: ciò accade normalmente perché la visualizzazione del percorso di check-out da smartphone o tablet non è ottimale; in questo caso, quindi, ottimizziamo e velocizziamo l’acquisto anche da questi dispositivi, evitando che l’utente si dimentichi di trasferirsi al desktop e quindi di perdere una nuova vendita.

Una volta apportate tutte queste modifiche, il nostro sito sarà finalmente pronto per accogliere l’utente e condurlo efficacemente all’acquisto. Nel caso in cui il tasso di abbandono del carrello sia ancora elevato, dovremo quindi agire per riportare l’utente nel sito, attraverso specifiche strategie.

#1 Invia un'e-mail personalizzata

Una delle strategie più efficaci nell’ambito del recupero dei carrelli abbandonati è l’e-mail marketing: nel caso in cui abbiamo già i dati di contatto dell’utente, possiamo mandargli contenuti altamente personalizzati per riportarlo all’interno della nostra azienda.

Ciò che conta in questo caso è essere tempestivi: il consumatore dimenticherà in fretta il carrello che ha lasciato nel nostro e-commerce, se non gli manderemo entro brevissimo tempo un promemoria. Per rendere efficace questa strategia, quindi, inviamo una prima e-mail già dopo 30 minuti o un’ora dall’abbandono della navigazione: la sessione di ricerca è ancora calda e possiamo creare urgenza nell’acquisto. È proprio ciò che fa Privalia, uno degli shopping center online più diffusi e apprezzati.

L’e-mail di recupero del carrello di Privalia funziona per diversi motivi. Innanzitutto, fa leva sul valore emozionale: il prodotto non è più un semplice oggetto da acquistare, ma acquisisce uno stato d’animo e diventa triste nel momento in cui l’utente non conclude l’acquisto. L’azienda spagnola, inoltre, crea urgenza nell’acquisto: specificando che “ne sono rimasti pochissimi”, il consumatore è invogliato a ritornare al carrello il prima possibile. Infine, viene evidenziato anche il risparmio a cui l’utente può attingere acquistando su Privalia, un altro fattore determinante in fase di acquisto.

Già da questa prima e-mail è possibile ottenere informazioni in merito al comportamento dell’utente: ha aperto l’e-mail? Ha cliccato sul carrello? È tornato sul sito web? Se questa prima e-mail non dovesse generare interazioni, sarà possibile inviare un’altra comunicazione dopo 3 giorni, una tempistica congeniale a richiamare l’attenzione dell’utente, senza però risultare invasivi. In questa e-mail dovrà essere presente il contenuto del carrello abbandonato, in modo da far ricordare al consumatore cosa si sta perdendo, ma non solo. Possiamo invogliarlo all’acquisto mettendo a disposizione un gadget gratuito, un codice sconto oppure un contenuto premium (una guida informativa, un e-book, un video tutorial e via dicendo) a cui lui può attingere concludendo l’ordine.

Il contenuto dell’e-mail dev’essere persuasivo e rappresentare l’azienda in modo professionale. Possiamo anche aggiungere informazioni in merito alla spedizione e alla consegna, per fare in modo di rassicurare l’utente: anche se sei in ritardo con l’acquisto, potrai rivedere il prodotto che vuoi in pochissimo tempo. Inseriamo inoltre delle call to action, ossia pulsanti che ci permetteranno non solo di riportare il consumatore al sito, ma anche di tracciare i suoi comportamenti.

Per evitare di dover inviare manualmente le e-mail, con conseguente perdita di tempo e di denaro, possiamo affidarci alla marketing automation: grazie a tool tecnici, come HubSpot, è possibile creare segmenti di pubblico (clienti, visitatori occasionali, utenti che hanno abbandonato il carrello,…) e mandare automaticamente comunicazioni precise e personalizzate. Ciò ci renderà più “umani” agli occhi degli utenti e migliorerà le performance delle e-mail, oltre a consentirci di dedicarci unicamente al nostro core business.

#2 Crea banner pubblicitari

Si chiama remarketing quell’attività strategica che permette di attivare campagne a pagamento per riportare nel sito un utente che lo ha già visitato, ma che non si è tradotto in una conversione. E, nel caso del recupero dei carrelli abbandonati, questa strategia può davvero fare la differenza.

Attraverso il remarketing, possiamo realizzare annunci display che appariranno agli utenti che hanno accettato la cookie policy del nostro e-commerce. Generalmente, questi banner si trovano:

  • All’interno di siti simili al nostro negozio;
  • All’interno dei social network.

Ma quali piattaforme utilizzare, quindi, per realizzare questi annunci? Per fare sì che vengano inseriti in siti correlati al nostro core business, potremo affidarsi a Google Ads: il servizio di media buying del motore di ricerca ci permette di realizzare campagne specifiche per differenti segmenti di pubblico. Per quanto riguarda, invece, la visibilità sui social network, utilizzeremo Facebook Ads e i servizi pubblicitari delle altre piattaforme social.

Il display advertising, a differenza di altre tipologie di pubblicità a pagamento sul Web, permette di sfruttare l’elemento grafico per attirare l’attenzione dell’utente. Così facendo, possiamo mostrare agli utenti i prodotti che hanno inserito nel carrello, puntando su ciò che effettivamente stanno perdendo. Ecco alcuni esempi tratti da Mr Wonderful e YOOX, e-commerce di lusso del settore della moda.

La strategia si rivela però efficace solo se non si eccede con il numero di banner: il rischio, infatti, è quello di inviare troppi messaggi all’utente, infastidendolo e ottenendo l’effetto contrario a quello preventivato. Per questo, è sempre meglio non superare le 3 visualizzazioni, o impression, al giorno.

#3 Implementa un exit intent pop-up

Prima che l’utente abbandoni il sito è possibile mostrargli un messaggio pop-up in uscita per trattenerlo con una domanda, un suggerimento o un codice sconto. Questo tipo di avviso viene definito “exit intent pop-up”: il messaggio, infatti, compare nel momento in cui l’utente sposta il cursore verso la “X” per chiudere la scheda del sito web. Lo scopo è quello di sorprendere l’utente proprio nel momento in cui se ne sta andando, stimolando immediatamente una sua reazione.

Come possiamo utilizzare al meglio l’exit intent pop-up? Innanzitutto, molti utenti abbandonano il carrello da mobile con la prospettiva di concludere il pagamento da desktop. Il rischio in questo caso è che l’azione venga interrotta da altre attività e che il consumatore si dimentichi di concludere l’acquisto.

L’exit intent pop-up può offrire la possibilità all’utente di salvare il carrello inviandolo via e-mail: è il modo migliore per ottenere i dati del potenziale cliente e, al tempo stesso, per potergli successivamente inviare promemoria grazie alla marketing automation.

Questa tecnica viene attuata anche da Mondadori:

La casa editrice si offre di lasciare un po’ di tempo all’utente per riflettere sul proprio acquisto. Inserendo l’indirizzo e-mail, potrà successivamente ricevere una comunicazione che gli ricordi il libro (o i libri) che aveva già messo nel carrello.

L’exit intent pop-up può rivelarsi utile anche per invogliare a proseguire immediatamente con l’acquisto: possiamo offrire un codice promozionale da utilizzare entro una scadenza molto ravvicinata (per esempio, 4 ore), oppure permettere all’utente di scaricare gratuitamente una guida sul prodotto e così via. In questi casi, è fondamentale che il pop-up appaia solamente a chi era già sul punto di acquistare (magari si trovava nella pagina di inserimento dei dati della carta di credito): così facendo eviteremo che troppi utenti possano scoprire il beneficio e approfittarne, diminuendo di fatto la redditività su ogni vendita.

In conclusione

Da un problema a un beneficio per la nostra azienda: il recupero dei carrelli abbandonati, se svolto con cura e strategia, può davvero rappresentare una nuova opportunità per incrementare clienti e fatturato. Il punto di partenza dev’essere sempre, però, l’ottimizzazione dell’esperienza dell’utente all’interno del sito: oltre a essere facilmente navigabile, la piattaforma e-commerce deve garantire massima trasparenza nei costi aggiuntivi e nelle tempistiche di spedizione, oltre che un processo di check-out scorrevole.

È a partire da queste accortezze che si possono applicare specifiche strategie per convertire una potenziale perdita in un cliente fidelizzato. Desideri anche tu attuare queste tecniche e prevenire il fenomeno dell’abbandono del carrello nel tuo e-commerce? Nessun problema! Siamo qui per questo! Clicca qui e parliamo di come far crescere il tuo progetto.

Stefano Robbi

Stefano Robbi

C.E.O. di NetStrategy. Appassionato di digital marketing con forte propensione all’analisi quantitativa dei dati, ha dato vita al cuore digitale di NetStrategy® nel lontano 2009. Alla passione e alle competenze maturate sul campo nell’ambito del search marketing, Stefano può accostare una formazione specifica di marketing strategico, acquisita nel M.Sc. in Marketing Management all’Università Bocconi e nella pregressa esperienza presso Microsoft Italia.

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