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ULTIMO AGGIORNAMENTO

24.01.23

Algoritmi SEO Google: la guida completa di NetStrategy

SEO

Chissà se Larry Page e Sergej Brin, quando decisero di fondare Google (era settembre 1998), si sarebbero mai aspettati di cambiare il mondo.

Ad oggi, quasi tutto passa da questo motore di ricerca: le aziende competono a suon di contenuti e tecniche SEO per ottenere le prime posizioni.

Il consumatore ricerca su Google le informazioni e i prodotti di cui necessita; la presenza importante di Google ha portato alla nascita di numerosi siti e-commerce, che basano il proprio fatturato unicamente sulla potenza del Web.

In pratica, Google ha in mano il mondo intero e può decidere di modificarlo quando e come gli pare. Come lo fa?

Attraverso aggiornamenti ed algoritmi, a cui, ovviamente, è necessario adeguarsi.

Vuoi conoscere, aggiornamento dopo aggiornamento, la Google SEO? Affidati a questa guida completa!

Panda (2011): la qualità

Di cosa si tratta?

Quando parliamo di aggiornamenti apportati da Google, non possiamo evitare di cominciare la nostra lista con Panda. Si tratta di uno dei principali aggiornamenti di Google SEO e risale al lontano 2011. All’epoca le aziende si avvicinavano piano piano all’affascinante mondo dell’ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) e ancora non disponevano di tutte le informazioni che oggi hanno a portata di mano. È nell’ottica di fare chiarezza sui punti chiave su cui Google basa la propria, fondamentale, selezione tra primi su Google e ultimi su Google (quelli dalla seconda pagina in poi vengono definiti proprio così) che il principale motore di ricerca ha fatto nascere Panda.

L’obiettivo principale dell’aggiornamento di Google SEO denominato “panda” è quello di penalizzare i siti di scarsa qualità. Cosa s’intende con questo termine? Parliamo di:

  • Siti realizzati unicamente per fare SPAM;
  • Siti che presentano scarsi contenuti;
  • Siti che presentano contenuti duplicati;
  • Siti che non danno importanza alla User Experience.

Inutile dire che l’arrivo di Google Panda ha rappresentato una catastrofe per molti siti, ancora impreparati a ciò che, effettivamente, richiedeva loro il motore di ricerca. Secondo un esperimento effettuato a seguito di Google Panda e riportato da Screaming Frog, 82 siti su 98 analizzati presentavano meno della metà della loro visibilità originale.

Ad oggi, le novità portate in ballo da Google Panda si presentano ancora attuali e i siti, soprattutto quelli nati di recente, sono preparati a ciò che il principale motore di ricerca richiede loro. Si sa perfettamente che l’obiettivo di Google è quello di offrire sempre il miglior risultato a chi lo utilizza per ricercare informazioni e prodotti. Sulla base di questa consapevolezza, si agisce per fare in modo di evitare che Google consideri la pagina del nostro sito di scarsa qualità e decida, di conseguenza, di penalizzarla.

In che modo si può evitare di essere penalizzati da Google Panda?

Esistono delle leggi universali che corrispondono pienamente ai requisiti richiesti da Google ad un sito. Per evitare che Google Panda infierisca sul ranking del nostro sito è necessario prestare attenzione a:

  • Contenuti ricchi. In genere, pagine povere di testo, anche se ricche di immagini, non vengono valutate positivamente da Google. Cerchiamo, quindi, di realizzare pagine con contenuti testuali approfonditi e, ovviamente, ben ottimizzati;
  • Contenuti duplicati. Evitiamo di fare un copia-incolla da altri siti: Google penalizza in modo pesante un sito privo di originalità;
  • User Experience. L’utente deve capire perfettamente come arrivare in una determinata pagina del sito: tutto dev’essere estremamente chiaro e costruito appositamente per rendere soddisfacente la sua navigazione.

Credi che il tuo sito sia stato penalizzato da Google Panda? Leggi come NetStrategy “scova” la penalizzazione da Google Panda prima di proseguire nella lettura di questo articolo!

Panda (2011): la qualità

Hummingbird (2013): le parole chiave

Di cosa si tratta?

Un aspetto fondamentale della SEO è l’analisi delle parole chiave giuste per l’azienda. Risulta impensabile, infatti, posizionare in modo elevato un sito se Google non riesce a capire di che si parla al suo interno. O, peggio ancora, se la keyword prestabilita non ha volume di ricerca o presenta un livello di concorrenza decisamente sopra i limiti. Negli ultimi anni, Google ha prestato sempre una maggior attenzione all’analisi delle keyword e al modo in cui queste debbano essere scelte. Ne abbiamo parlato anche nel nostro articolo “Il marketing nell’era del riconoscimento vocale: Siri, Cortana e Assistente Google”: l’arrivo degli assistenti vocali, nonché l’importanza che, ad oggi, detiene la ricerca vocale, ha modificato ulteriormente le abitudini del consumatore e il tipo di parole chiave ricercate. È sulla base di questa consapevolezza che nasce Hummingbird, aggiornamento di Google per la SEO definito così per la sua velocità e precisione, caratteristiche tipiche, appunto, di un adorabile colibrì.

Come il colibrì ha cambiato la vita di chi già nel 2013 si occupava di SEO? A partire da questo aggiornamento, Google non posiziona più la pagina in base alla parola chiave specifica, bensì in base al suo significato. Un po’ difficile, vero? Proviamo a fare un esempio. Prima di Hummingbird, l’utente che cercava la parola chiave “affitto casa”, si trovava di fronte alle pagine che erano state ottimizzate per la keyword “affitto casa”. Con l’arrivo, nell’immenso habitat naturale di Google, del colibrì, chi cerca “affitto casa”, può trovarsi di fronte anche a risultati ottimizzati per le keyword “casa vacanze” o “casa in affitto”, che non sono uguali ma strettamente collegate alla prima per significato. In questo senso, possiamo dire che Hummingbird agisce per semantica, in base al significato, e non più in base alla parola chiave prestabilita. Si è trattato indubbiamente di uno dei principali aggiornamenti di Google per la SEO a cui le aziende si sono trovate di fronte.

In che modo si può evitare di essere penalizzati da Google Hummingbird?

Quando parliamo di Google Hummingbird, più che di un aggiornamento “penalizzante”, parliamo di un nuovo modo di concepire l’analisi delle parole chiave: questo processo non si basa più sulla scelta di keyword secche, bensì di parole chiave che spaziano tra infiniti sinonimi. Possiamo, quindi, dire che il segreto maggiore per strizzare l’occhio al colibrì di Google è quello di entrare appieno nella psiche dell’utente che compie una determinata ricerca. Sulla base di questo, effettueremo un’analisi delle parole chiave che si riferisce a:

  • Keyword Queste parole chiave vengono definite “con coda”: l’utente, nell’ottica di trovare il risultato a lui più congeniale, utilizza keyword particolarmente lunghe e specifiche;
  • Approccio question-oriented. Dall’arrivo degli smartphone e degli assistenti vocali sul mercato, sempre più spesso il consumatore si approccia a Google in modo diverso, esponendo vere e proprie domande. Se per ricercare la mèta per una vacanza, agli albori si sarebbe utilizzata la keyword “destinazioni estate 2018”, oggi l’utente cercherebbe “dove andare in vacanza?”. Si tratta di una differenza abissale per chi, ogni giorno, ricerca la parola chiave migliore per ottimizzare il proprio sito. La keyword, quindi, deve rappresentare una domanda e il contenuto una risposta a tale domanda;
  • Ricerca dei sinonimi. Prendiamo il colibrì in modo positivo: grazie a questo aggiornamento non dobbiamo più creare migliaia di pagine per posizionare parole chiave molto simili. Cerchiamo, quindi, di posizionare i nostri contenuti per diverse keyword, sinonimi tra loro, in modo da farci trovare dai consumatori il più spesso possibile.

A confermare l’importanza, sempre crescente, che Google sta dando alla semantica ed al significato delle keyword c’è l’arrivo, tra i suoi aggiornamenti per la SEO, di Rankbrain. Questo aggiornamento, che fa parte sempre del colibrì, nasce nel 2015 e rappresenta una tecnologia innovativa che permette al motore di ricerca di aiutarsi nella scelta del ranking dei propri risultati di ricerca. Ovviamente, attenendosi sempre al concetto di semantica.

Pigeon (2014): la local query

Di cosa si tratta?

La ricerca vocale diviene ancora una volta la protagonista della aggiornamenti di Google per la SEO con Pigeon. Questa volta, dunque, era stato un piccione a scombinare le carte in gioco: Pigeon agiva principalmente nella scelta del ranking a livello locale. In che modo lo faceva? Prima di tutto, grazie al supporto di Google Maps, il motore di ricerca cerca di mostrare all’utente le attività più vicine a lui. Partendo dal presupposto che un consumatore che cerca “supermercato” su Google, difficilmente sarà interessato ad un supermercato a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, il motore di ricerca ha potenziato i risultati locali. Per fare ciò, probabilmente ha ridotto anche notevolmente la distanza di riferimento, evitando di donare ranking ad attività che non hanno nulla a che vedere con il “qui ed ora” ricercato dal consumatore.

Il piccione rappresenta uno dei primi approcci di Google all’utilizzo approfondito dello smartphone. Infatti, mentre prima, con il computer fisso, era facile comprendere la località dalla quale ricercava l’utente e proporre risultati, con l’arrivo dei dispositivi mobili in pianta stabile questo processo risultava più complesso. Il consumatore ricercava da qualsiasi città e in qualsiasi momento. Per citare un esempio, quando era in viaggio a Roma inseriva la parola chiave “gelateria” per trovarne una nelle vicinanze, che, ovviamente, era distante chilometri e chilometri da casa sua. In questo senso, il piccione ha iniziato a sfruttare la geolocalizzazione per proporre sempre i risultati migliori.

Inutile dire che Pigeon non è stato accolto nel migliore dei modi. Con l’importanza che Google ha riservato a piattaforme che offrono recensioni e servizi come TripAdvisor, molti commercianti sono insorti. Numerose attività, infatti, avevano speso tempo e denaro per ottenere un posizionamento in prima pagina e vederselo sottratto da piattaforme nate da poco.

In che modo si può evitare di essere penalizzati da Google Pigeon?

In generale, Google Pigeon non ha agito nell’ottica di penalizzare i siti, bensì di rendere i risultati in prima pagina i migliori per il consumatore. Lo dimostra la scelta di ridurre il raggio d’azione, che permette di creare un posizionamento in base alla distanza e alla pertinenza con ciò che ha ricercato l’utente. Tuttavia, ci sono alcune azioni che si possono intraprendere anche per scalare la propria presenza sul motore di ricerca a livello locale:

  • Visibilità. Potrebbe sembrare banale, ma maggiore sarà la nostra attenzione nei confronti della SEO, maggiori saranno le possibilità che Google, ad una ricerca locale, posizioni la nostra attività più in alto di quella dei nostri competitor. Questo perché un aspetto molto importante per Google è la credibilità del dominio;
  • Attenzione all’aspetto locale. All’interno del nostro sito, poniamo l’attenzione sulla città o il quartiere in cui siamo inseriti. In questo modo sarà più facile per Google comprendere dove siamo posizionati e scegliere il ranking in cui meritiamo di stare;
  • Iscrizione a Google My Business. Il servizio offerto da Google presenta un ruolo fondamentale, non solo per il motore di ricerca, ma anche per il consumatore: si sentirà più attratto dalla nostra attività, se la presenteremo al meglio all’interno. Ne parliamo in modo approfondito nel nostro articolo sulla “Come apparire su Google Maps: la guida completa su Google My Business”.

Il piccione è stato successivamente aggiornato nella versione del Possum, ossia l’opossum. Il marsupiale, uscito nel 2016, ha reso ancora più specifici e pertinenti i risultati ad una ricerca vocale, a dimostrazione dell’importanza che Google sta dando a questo aspetto.

Mobile Friendly Update (2015): il mobile

Di cosa si tratta?

Possiamo dire che gli ultimi 3 anni siano stati dominati quasi completamente dai dispositivi mobili: il computer fisso ha lasciato, lentamente e forse inesorabilmente, lo spazio dapprima al computer portale e poi al tablet e allo smartphone. Ad oggi, la maggior parte delle ricerche viene svolta tramite dispositivo mobile. Google se n’è reso conto e, in tempi ancora poco sospetti (nel 2015), aveva già deciso di agire in questo senso.

Il Mobile Friendly Update, uscito nel 2015, ha contribuito a rendere ancora più evidente l’era che se ne andava (quella dei dispositivi fissi) e quella che stava giungendo (il mobile), divenendone un vero e proprio spartiacque. Questo aggiornamento di Google per la SEO è stato da molti definito “mobilepocalypse” proprio per la portata rivoluzionaria che ha avuto.

In che cosa consiste il Mobile Friendly Update? Con il termine mobile friendly si intendono tutti quei siti che si presentano progettati per essere visualizzati in modo ottimale anche da smartphone o tablet. In pratica, con questo aggiornamento il principale motore di ricerca premiava quei domini che non dimostravano una frequenza di rimbalzo incredibile da dispositivi mobili: Google donava la prima pagina a coloro che prestavano attenzione al mobile, divenendone, appunto, “amici”.

In che modo si può evitare di essere penalizzati dal Mobile Friendly Update?

Quando Google decide di premiare un sito, di conseguenza ne penalizza un altro: è la base del gioco “a somma zero”, secondo cui ad ogni nostra posizione guadagnata ne corrisponde una persa per il competitor. Bello, vero? Sì, ma solo se siamo noi ad essere quelli premiati e non quelli penalizzati.

È per questo che dobbiamo agire costantemente affinché il nostro sito risulti responsive, ossia visualizzabile in modo ottimale da ogni dispositivo, fisso o mobile che sia. Ecco, quindi, alcune tecniche per non perdere posizioni a causa del Mobile Friendly Update:

  • Contenuti di qualità. Il principio di base resta sempre lo stesso: il tuo sito, per quanto possa tenere in considerazione l’aspetto mobile, se non si compone di contenuti interessanti e di qualità, difficilmente otterrà ranking Soprattutto quando si parla di articoli del blog, comunque, è importante che questi si possano leggere da smartphone senza scroll orizzontale;
  • Ottimizzazione delle immagini. Nell’ottica di ottimizzare le immagini è necessario anche alleggerirle, per renderle meno lente nel caricamento, e più piccole. In questo modo anche chi navigherà nel tuo sito da mobile potrà visualizzarle senza dover togliere lo zoom o scrollare;
  • Test, test, test. Ogni modifica che compi sul tuo sito – che riguardi l’aggiunta di un nuovo articolo o di una nuova immagine – testala anche da dispositivo mobile. In questo modo saprai con certezza se ci sono elementi da correggere o se è tutto in regola. Quando avrai terminato tutte le operazioni per rendere responsive il tuo sito, utilizza il Page Speed Insights di Google per constatare qual è il punteggio di responsiveness che Google ti ha affidato e per ricevere feedback.

In tempi recenti Google ha dato il via ad un processo di Mobile-first index: il motore di ricerca sta indicizzando le pagine per i dispositivi mobili. Sarà questo, infatti, il futuro non troppo lontano che si prospetterà.

Google Fred Update (2017): ancora qualità

Di cosa si tratta?

Avrei potuto inserire questo paragrafo in quello che parla di Panda, in quanto l’argomento principale (la qualità del sito) è lo stesso. Tuttavia, l’importanza che Google Fred Update, uscito nel 2017, ha detenuto è stata così ampia e confusionaria che è importante dedicarci del tempo.

Google Fred Update si riferisce principalmente alla qualità dei contenuti di un sito. In questo senso, possiamo escludere la questione dei link in ingresso. Con l’aggiornamento di Google SEO denominato “Fred”, il sommo motore di ricerca ha sottolineato la rilevanza che contenuti ben scritti, approfonditi e, soprattutto, veritieri detiene nella scelta del ranking. Anche se attorno a questo aggiornamento ruota un alone di mistero, a causa delle scarse informazioni pervenute dal colosso di Mountain View, è stato constatato come, ad essere penalizzati, fossero siti che presentavano:

  • Imitazioni da altri siti (non solo contenuti duplicati, ma anche testi ed elementi molto simili);
  • Notizie di parte, non completamente trasparenti;
  • Bufale;
  • Contenuti di carattere scientifico che creavano finti allarmismi;
  • Contenuti che incitavano all’odio e alla violenza.

È proprio sulla base di queste analisi che possiamo dire che, mentre Google Panda ha puntato molto sull’ottimizzazione SEO dei contenuti, Google Fred Update è andato oltre: i contenuti devono essere puri e trasparenti per risultare positivi agli occhi del motore di ricerca.

In che modo si può evitare di essere penalizzati da Google Fred Update?

Abbiamo già visto quali siti sono stati particolarmente penalizzati dagli algoritmi aggiornati con Google Fred. Ora vedremo com’è possibile evitare che questo aggiornamento intacchi le nostre pagine:

  • Contenuti originali e creativi. Da sempre, Google valuta negativamente i testi duplicati o molto simili ad altri articoli presenti sulla Rete, penalizzandoli. Questo concetto viene ribadito anche da Google Fred Update;
  • Contenuti veritieri. Via bufale e notizie false: per Google conta essere sinceri ed onesti con il consumatore;
  • Contenuti comprovati. Attenzione a quando trattiamo tematiche delicate, come quelle relative alla scienza o alla medicina: è bene che queste vengano dimostrate e discusse all’interno delle community dedicate a scienziati e medici per essere accettate positivamente da Google.

L’aggiornamento Fred di Google per la SEO è stato seguito, a marzo 2018, da un importante update negli algoritmi del motore di ricerca, sempre relativi alla qualità dei contenuti. Fino ad arrivare, per il momento, ad uno dei più grandi ed inaspettati aggiornamenti: quello dell’estate del 2018.

Aggiornamento estivo di Google (2018): di nuovo qualità

Di cosa si tratta?

Eccoci arrivati, per il momento, alla fine del nostro percorso attorno agli aggiornamenti di Google per la SEO. L’ultimo grande step in questo senso del motore di ricerca è stato quello di aggiornare ulteriormente i propri algoritmi in un periodo particolare: i primi di agosto del 2018 Google ha sbaragliato tutti con questa notizia choc, rovinando le vacanze a molti.

Ma perché l’aggiornamento dell’estate 2018 si è rivelato così scioccante? Ancora una volta, il gigante di Mountain View ha fatto riferimento all’importanza di realizzare contenuti di qualità, che rimangono il punto focale per ottenere ranking. In questo aggiornamento ha prestato particolare attenzione ai siti YMYL, ossia “Your Money Your Life”: si tratta di quei domini che trattano tematiche delicate, scientifiche e finanziarie, ed è per questo che richiedono particolare accortezza nelle informazioni che rilasciano. Comunque, non sono stati solamente i siti YMYL a finire sotto la lente d’ingrandimento: anche i siti privi di codice di protocollo https hanno ricevuto pesanti batoste, come pure quelli realizzati unicamente a scopo di SPAM e quelli con povertà di contenuti.

In che modo si può evitare di essere penalizzati dall'aggiornamento di Google in Agsoto 2018?

Rispetto a tutte le tecniche SEO che abbiamo citato finora e a quelle che già conoscevi, Google, attraverso l’aggiornamento dell’estate 2018, ha aggiunto nuovi parametri di selezione del ranking o sottolineato quelli preesistenti. Tra questi parametri troviamo:

  • L’assenza o la minimizzazione della presenza di banner o pop-up. Google guarda con sospetto a quei domini che presentano una serie infinita di pubblicità, in quanto li valuta come siti dedicati allo SPAM. Per questo motivo, è necessario ridurre al minimo la presenza di banner e pop-up;
  • Backlink e menzioni da altri domini. Ancora una volta, il sommo motore di ricerca ribadisce l’importanza di ottenere link in ingresso per acquisire credibilità e autorità ai suoi occhi;
  • La navigazione sicura, soprattutto negli ultimi anni, è diventata un punto fisso degli algoritmi di Google. È per questo che, chi non ha ancora adottato il protocollo https dovrebbe muoversi prima di subito.

Potrebbero sembrare argomentazioni banali e già conosciute, ma non lo è: l’aggiornamento estivo di Google ha portato alla penalizzazione di un gran numero di domini. A dimostrazione del fatto che il motore di ricerca è sempre all’erta e ha la possibilità di disfare in poche ore un lavoro ed una strategia che dura anni, se questa non corrisponde ai suoi algoritmi.

Conclusione

In questo articolo abbiamo stilato una lista dei principali aggiornamenti di Google per la SEO, a partire dal 2011, toccando diversi argomenti. Abbiamo, infatti, compreso come i principali elementi a cui il gigante di Mountain View dà importanza nella valutazione di un sito e, successivamente, nel suo posizionamento sono:

  • Qualità;
  • Link in ingresso;
  • Parole chiave;
  • Local query;
  • Mobile-friendly.

Vuoi sapere se il tuo sito è visto in modo positivo o con sospetto da Google e, eventualmente, quali punti andrebbero corretti per ottenere un ranking elevato? Contattami direttamente o prenota una consulenza gratuita: analizzeremo assieme il tuo sito per scoprire a quali interventi è opportuno dare il via per essere sempre in prima posizione!

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