Il termine Growth Hacking è stato coniato nel 2010 da Sean Ellis, un giovane mago della “crescita aziendale” che operava nella Silicon Valley. Il suo lavoro all’interno della Valley consisteva nell’aiutare le aziende e le Start Up a raggiungere gli obiettivi prefissati e a crescere. In poco tempo divenne il giovane al quale le aziende in fase di avvio (e non) si rivolgevano per accrescere il numero delle proprie utenze. La sua tecnica si discostava dalla classica strategia di digital marketing – operata da Agenzie di Web Marketing o da Marketers specializzati - e come tale necessitava di un nome che la differenziasse da essa: Growth Hacking.
Il focus di questa metodologia è la crescita. Tutte le operazioni, processi e schemi mentali adottati sono orientati solo ed esclusivamente alla crescita. Per questo motivo il Growth Hacking è diventato uno delle tecniche più utilizzate dalle Start Up di tutto il mondo: il loro primo è più importante obiettivo è crescere perché solo con un aumento consistente delle utenze e del fatturato possono sperare di rimanere in piedi.
Ecco che quindi entra in azione anche una nuova figura marketing: il growth hacker. La caratteristica che più salta all’occhio quando si parla di questa figura professionale è l’ossessione. Il growth hacker non lavora per ottenere un risultato a livello di crescita, il growth hacker immerge tutto sé stesso nella ricerca di una crescita misurabile e concreta. Ogni decisione che questo professionista prende ha come focus la crescita; ogni strategia, ogni tattica, e ogni iniziativa è orientata alla crescita; la crescita è il sole al quale il growth hacker ruota intorno.