Le aziende di maggior successo fanno rebranding? Certo, anche se in passato alcune azioni di questo tipo si sono rivelate fallimentari. Un esempio di rebranding non efficace vede coinvolto il brand MasterCard. Nella maggior parte dei casi, fare rebranding significa semplificare la comunicazione visiva di un’azienda, partendo proprio dal logo, il quale tende a diventare più iconico e riconoscibile.
Alla nota azienda americana leader nei servizi di pagamento sembra essere successo il contrario: l’aggiunta di nuovi elementi ha finito per snaturare il logo del brand, trasformando qualcosa di estremamente pulito, ordinato e distinguibile in un logo complesso e poco riconoscibile. Per cercare di contenere il malcontento circa questo cambiamento inaspettato, MasterCard ha poi chiarito che il nuovo logo sarebbe stato utilizzato solo per le comunicazioni aziendali.
Un altro esempio di rebranding poco efficace vede come protagonista Tropicana. L’azienda made in USA produttrici di succhi di frutta ha optato per un rebranding totale. L’imballaggio, il design del logo e una nuova palatte di colori: Tropicana ha stravolto il proprio modo di presentarsi ai consumatori rimuovendo ogni elemento che sino a quel momento l’aveva contraddistinta. Il risultato? Un calo delle vendite pari al 20%, poiché le persone non erano più in grado di riconoscere il marchio tra gli scaffali dei supermercati.
D’altro canto, continua ad accumulare successi in fatto di rebranding il marchio italiano Tavernello. Iniziato nel 2017 con la creazione di un nuovo logo dal design più semplice e lineare, il processo di rebranding di Tavernello non ha mai deluso i propri consumatori.
La chiave di tutto questo successo? La trasparenza. Fare rebranding è prima di tutto una questione di onestà e chiarezza. Il marchio Tavernello ha tentato di liberarsi dell’immagine di vino economico dalla qualità scadenza, ma senza snaturarsi.
«Sincero. Buono. Italiano» cita il claim dell’azienda. Tavernello comunica al proprio pubblico quelli che sono i valori differenzianti del proprio brand, senza pretendere di essere classificato tra i vini di alta gamma, una classificazione che non gli appartiene e che finirebbe solo per danneggiare la credibilità del brand. L’azienda punta dunque su altri elementi, quali l’attenzione verso l’ambiente e la valorizzazione del territorio, più che la qualità del vino stesso.