Secondo le statistiche e-commerce 2019 in Italia di Casaleggio, l’attività di marketing online viene considerata "difficoltosa" dal 55% delle aziende, che fatica quindi a credere nel reale valore della promozione online. È da sottolineare che, comunque, il numero di soddisfatti cresce del 2% rispetto all’anno precedente.
Quali sono le strategie per le quali si predilige investire tempo e denaro? Gli imprenditori italiani nel mondo dell’e-commerce si rivelano da questo punto di vista impazienti di ottenere risultati: è per questo che il keyword advertising (SEM) rappresenta ancora oggi la strategia prediletta (19% degli investimenti). A seguire, ci sono l’attività sui Social Media (18%) e la SEO (17%). Le strategie di marketing offline, proprio per il fatto di essere distanti dall’“innovatività” dei negozi online, occupano solamente il 4% degli investimenti, anche se manifestano una crescita dell’1% rispetto agli scorsi anni.
In questo senso, l’attività di Social Media Marketing viene sempre più spesso posta sotto la lente d’ingrandimento. Mentre per la keyword advertising i risultati sono nella maggior parte dei casi assicurati, vedere riscontri oggettivi dai Social Network è sempre più complesso. Per questo, gli e-commerce si chiedono se, effettivamente, possa risultare la strategia migliore per accrescere il proprio business.
A livello di fatturato, solo il 30% degli e-commerce nota un incremento notevole delle vendite provenienti da utenti che trovano l’azienda per mezzo dei Social Network, anche se in crescita del 5% rispetto allo scorso anno. Negli altri casi, constatiamo un 49% (-2% rispetto al 2018) di negozi online che non riesce a valutare ottimamente l’impatto del Social Media Marketing sulle proprie vendite e il 21% che non vede risultati concreti
Ciò può essere dovuto sia al fatto che risulta complicato riuscire a creare un engagement duraturo a partire dai soli Social Network, sia al fatto che, ancora oggi, per molte aziende la combinazione è: Social Media Marketing = condividere post. In realtà, come vediamo nel nostro articolo “Marketing non è pubblicità: 3 errori di marketing che la tua azienda oggi può evitare!”, creare post la sera, prima di dormire, non significa realizzare una strategia ad hoc per far crescere la propria azienda. Il consumatore, abituato a navigare sui Social, percepisce il valore (o meno) di un post e si sente (o meno) attratto da quell’impresa.
E, a proposito di Social Network, quale piattaforma risulta più efficace all’incremento del fatturato? Facebook resta in pole position, venendo considerato, come lo scorso anno, efficace al 71%. Instagram si prende una buona fetta della classifica, con un 53% di efficacia. Seguono, a ruota, YouTube (27%), LinkedIn (23%) e Twitter (12%). Si annulla completamente l’efficacia ai fini del fatturato di SnapChat.
L'accesso al portale e le modalità di pagamento giocano un ruolo fondamentale
Quali saranno gli investimenti - e quindi le priorità - a breve termine del 2019? Prima di tutto, il 36% degli e-commerce italiani decide di puntare su marketing e promozione, con un’ascesa del 3% rispetto all’anno precedente. Significativo è il dato che riguarda gli investimenti tesi a migliorare il sito, ossia il “biglietto da visita” dell’impresa: il 22% delle aziende decide di perfezionare la User Experience per poter accogliere in modo ottimale i visitatori. Seguono, in maniera meno impressionante, gli investimenti per una migliore infrastruttura tecnologica, per la visualizzazione ottimale da mobile e per la marketing automation.
Grande attenzione viene posta in maniera crescente al customer care, che cresce anno su anno anche se in maniera poco evidente. Inoltre, tra gli investimenti viene annoverato anche l’aspetto relativo alla logistica, anch’esso in crescita.
Ancora, rimane stabile l’investimento sulle attività per la vendita all’estero (6%). A questo proposito, nonostante le statistiche siano positive riguardo al fatto che sempre più stranieri si interessino ai prodotti italiani, rispetto allo scorso anno si denota una decrescita del 9% delle imprese che vendono all’estero (56%). Nello specifico, il 25% degli e-commerce ha un sito multilingua, mentre il 13% vende unicamente attraverso il sito in lingua italiana.
È da sottolineare in questo senso che il fatturato e-commerce generato all’estero è stato in media il 25% delle vendite complessive. Di meno (5%) rispetto all’anno precedente, ma comunque un numero non indifferente, che porta molte aziende a chiedersi: potrebbe il gioco valere la candela? Ossia, potrebbe farmi crescere ulteriormente aprirmi alla vendita nei Paesi stranieri?
Quanto sono importanti le recensioni per gli eCommerce in Italia?
Dai dati emersi, la reputazione online sta diventando sempre più un fattore rilevante per gli e-commerce. Sempre più spesso, infatti, gli utenti decidono di ricercare non solo le caratteristiche dei prodotti e dell’azienda, ma anche le recensioni ad essa correlate, mettendosi di fatto nelle mani di sconosciuti. Basti pensare al fenomeno di TripAdvisor, che ha fatto propri delle recensioni il proprio business: nel 2018, secondo statista.com, sono stati ben 730 milioni gli utenti che hanno “generosamente” offerto opinioni su ristoranti, bar e hotel. È sorprendente – in positivo o in negativo – constatare come ben il 72% dei consumatori, secondo un’indagine svolta negli Stati Uniti, si fida delle recensioni online come delle opinioni di una persona a lui vicina. Si può quindi sostenere che questo mezzo è divenuto ormai il più potente motore di passaparola presente sul mercato.
Come agiscono le aziende in questo senso? Nella maggior parte dei casi, chi gestisce un e-commerce si è già reso conto di ciò che sta accadendo e ha provveduto: il 52% delle aziende dispone di un sistema di recensioni interno al portale, mentre il 28% è in fase di elaborazione di questo sistema. Il 12% degli e-commerce, invece, è convinto che gli utenti utilizzino sistemi “esterni” al sito o all’app per reperire recensioni (per esempio, appunto, TripAdvisor). L’8%, ancora, è un po’ scettico a riguardo e “nasconde la testa sotto la sabbia”, evitando le recensioni:
In questo senso, la brand reputation diviene un fattore da monitorare costantemente. È per questo che sempre più e-commerce in Italia decidono e decideranno nel corso del 2019 di attribuire risorse specifiche alla questione. In particolare, il 21% già dispone di figure dedicate allo studio delle recensioni e il 17% utilizza questo strumento nei momenti di crisis management. Il 48% delle imprese, invece, lo ritiene utile ma non ha budget da dedicare:
Cosa si può fare di più rispetto a dare il permesso agli utenti di recensire prodotti e servizi? Secondo il 70% delle aziende intervistate da Casaleggio Associati, esprimere importanti valori aziendali presenta impatti positivi sulle vendite. Questo è confermato dal fatto che la metà dei consumatori sceglie, modifica o boicotta un brand in base a come si pone nei confronti della società. In particolare, come vedremo in seguito, si fa strada in maniera sempre più rilevante l’attenzione e la cura all’ambiente e alla natura, con la lotta all'inquinamento.
Oltre alla possibilità di recensire e all’impegno che un’azienda deve assumersi nei confronti della società, esistono altre attività che possono rivelarsi utili per aumentare la brand reputation: in questo senso, oltre il 70% delle imprese mette al primo posto un ottimo servizio di customer care prima, durante e dopo l’acquisto; il 53% ritiene interessante ed utile una massima fruibilità del portale, che dev’essere intuitivo, piacevole e veloce; il 29% presta particolare attenzione all’aspetto logistico. Anche la presenza attiva sui Social Media assume valore in questo senso.
Concludiamo questo paragrafo con un breve excursus anche su ciò che mina la brand reputation, ossia ciò che porta il consumatore ad allontanarsi dall’azienda. Anche in questo caso, gli e-commerce italiani sostengono che la “penalizzazione” derivi principalmente dalle recensioni negative sui Social Network (59%) o su portali appositi (62%). Ancora, anche commenti negativi sulle testate giornalistiche online (23%) o offline (8%) o all’interno di servizi televisivi locali (9%) contribuiscono ad indebolire l’immagine aziendale.